E’ la forma di protesta che gli utenti della rete dovrebbero attuare a gennaio per manifestare l’opposizione ad una delle corporazioni meno innovatrici del Belpaese. La Fieg, la federazione degli editori di giornali, ha obbligato Istituzione e Amministrazione pubblica alla chiusura di tutte le rassegne stampe online perché a suo dire violerebbero il diritto d’autore. Ad aprile sono state chiuse le rassegne stampa gratuite sui siti della presidenza del consiglio dei ministri e dei ministeri dell’economia e del lavoro. Nel primo mese del 2013 spariranno quelle dei due rami del Parlamento.
Giulio Anselmi, giornalista e presidente della Fieg, ha espresso “soddisfazione per l’accordo raggiunto con il Senato e la Camera” anche se i cittadini fanno fatica a comprendere la misura dell’intesa in quanto le rassegne online spariranno per la collettività e rimarranno solo per i parlamentari e il loro staff. Ancora una volta gli editori parlano di “diritti di riproduzione e di utilizzazione economica dei prodotti editoriali” trascurando le nuove accezioni assunte nell’era di internet. Anche se Anselmi è felice per il “percorso di legalità promosso dagli editori italiani” il prossimo Parlamento sarà obbligato dall’onda della rete che travolge ogni orticello editoriale a rivedere le anacronistiche leggi sui giornalisti e sul diritto d’autore.
La legge sul diritto d’autore è del 1941, nel ventesimo anno dell’era fascista quando si avviava alla fine l’Impero italiano in Africa orientale. La legge che regolamenta l’attività dei giornalisti è datata 1963 quando si usava l’Olivetti Lettera 32, una diffusissima macchina da scrivere.
L’intervento della Fieg appare un segno di altri tempi e per di più anche poco efficace per risollevare le vendite dei propri giornali. Le rassegne stampa online consentono, infatti, di conservare un rapporto con la carta stampata che la maggior parte dei cittadini in età adulta sta dimenticando senza che i nativi digitali ne siano mai rimasti coinvolti. In assenza di ricambio generazione la Fieg avrebbe avuto interesse a continuare ad affascinare gli adulti. Ma probabilmente gli editori impuri italiani hanno altri obiettivi.
pubblicato sul quotidiano online ”Affari Italiani”