La NielsenIQ negli ultimi giorni ha reso noto la sua fotografia sui consumi nel Belpaese. Negli ultimi cinque anni i volumi della spesa sono cresciuti dell’8% ma negli ultimi quattro mesi del 2023 si sono contratti del 3,9%. Inoltre il consumatore italiano ha incrementato del 3,7% la frequenza di acquisto e ridotto del 7,4% il numero dei prodotti nel carello. Mutamenti che potrebbero delineare non semplici curve contingenti bensì traiettorie di nuovi comportamenti destinanti a consolidarsi. A fronte di una inflazione in costante crescita come sottolinea l’Istat – ad aprile si stima che l’indice nazionale dei prezzi al consumo registri un aumento dello 0,4% su base mensile e dell’8,2% su base annua – e di un mancato allineamento salariale – la vera questione del lavoro – gli italiani modificano i propri comportamenti di acquisto. Il consumatore è consapevole che nonostante i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona rallentino in termini tendenziali, da +12,6% a +11,6%, quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto accelerano, da +7,6% a +7,9%, (fonte Istat). Ma parlare di contrazione dei consumi è inappropriato visto che anche la stessa NielsenIQ rileva negli ultimi quattro mesi la crescita del 15,8% in quelli tipici del fuoricasa.
Emerge dunque l’ipotesi di un nuovo scenario di consumo, di un paese cioè che si sta sempre più omologando o meglio si stanno diffondendo i comportamenti propri delle più grandi città italiane. Assistiamo, in altre parole, ad una prassi, quella dei frequenti acquisti in più punti vendita, al posto della grande spesa nella stessa insegna o nello stesso store. La pandemia, in tal senso, rappresenta uno spartiacque anche in termini consumeristici. Gli italiani sono tornati a socializzare e consumano molto nei ristoranti, nei bar, nei locali. Le famiglie riducono la spesa mensile ma aumentano le visite nei punti vendita alla ricerca di promozionalità diretta o implicita nel format dello store. Saranno avvantaggiate e dunque preferite le insegne della moderna distribuzione capaci di offrire maggiori servizi e reale customer experience. Da parte sua l’industria alimentare dovrà proseguire a rimodulare la sua produzione con sempre più prodotti innovativi, di formato più contenuto e più accattivanti in termini di piacevole esperienza d’acquisto. I trend salutistici, i bassi salari, l’alta inflazione, l’incertezza sul futuro inducono a definire i contorni di questo nuovo scenario in cui il consumo è vissuto come momento razionale ma anche come occasione di conoscenza di nuovi sapori, territori, brand e persone. In questo senso si realizzerà sempre più una “continuità di bisogno” tra ciò che gli italiani comprano nel supermercato e ciò che richiedono nei locali del fuoricasa e anche le piccole industrie alimentari saranno spinte a diversificare i canali distributivi. In termini di comunicazione per l’industria e il retail le sfide saranno affascinanti.