Nonostante il successo del food made in Italy, nel Belpaese alcune industrie alimentari mostrano segnali di forte criticita’. Tra queste “Cesare Fiorucci spa”, antico salumificio che partendo da Norcia nel lontano 1850 si trasferisce nel Lazio ad inizio del secolo scorso. La famiglia Fiorucci attraversa il Novecento accrescendo volumi prodotti e mercati serviti, poi nel 2005 viene ceduto il 65% del capitale sociale al fondo Vestar e sei anni dopo la societa’ viene interamente venduta per 45 milioni di euro a “Campofrio Food Group”, un gruppo spagnolo di oltre 2 miliardi di euro di fatturato, quotato alla borsa di Madrid e oggi controllato da azionisti messicani. Campofrio è uno dei leader nella lavorazione delle carni. Da tanti mesi a Pomezia si respira aria di ristrutturazione e ieri, 4 gennaio 2016, e’ stata avviata la procedura di licenziamento per il 21% della forza lavoro. Eppure soltanto nel 2014 la societa’ Fiorucci sponsorizzava una squadra di calcio in serie A e la nazionale italiana impegnata nel Mondiale brasiliano. Con un fatturato di oltre 200 milioni di euro ed un export pari al 25% del giro d’affari il salumificio di Pomezia negli ultimi cinque anni ha ridotto progressivamente i dipendenti e il costo del lavoro pur accrescendo la sua presenza nella grande distribuzione, grazie anche ai nuovi prodotti salutistici e low cost. Ma i punti dolenti nell’ultimo quinquennio sono il Mol, il margine operativo lordo, in rosso e le perdite. Tante le voci di sinergie con produttori e distributori mai andate a buon fine. E il “dossier Fiorucci” rimane sulla scrivania del top management spagnolo, stanco di continue ricapitalizzazioni. Intanto alle porte di Roma, a Pomezia, proseguono le operazioni di ristrutturazione aziendale con il rischio di indebolire ulteriormente una bella industria alimentare con un suo riconosciuto ed apprezzato valore distintivo.

pubblicato sul quotidiano online “Affari Italiani”