“E’ possibile che un’azienda di 10 ettari vendendo il suo olio a maggio 2017 incassava 36mila euro e se lo avesse venduto dopo un anno avrebbe incassato solo 25mila euro?” Il quesito è stato posto qualche giorno fa da Gennaro Sicolo, presidente del Consorzio nazionale degli olivicoltori durante un incontro pubblico a Viterbo. Occhi puntati dunque lunedì 18 giugno per le decisioni che prenderà il Consiglio Agricoltura e pesca. Una volta al mese il Consiglio riunisce i ministri degli Stati membri dell’Ue, i commissari europei per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, per la salute e la sicurezza alimentare e per gli affari marittimi e la pesca. Alessandra Pesce, neo sottosegretaria alle politiche agricole, conferma che l’Italia proporrà di rafforzare le risorse del comparto agroalimentare, semplificare le procedure e valorizzare l’olivicoltura.

Che l’olio d’oliva italiano sia sotto attacco è indiscutibile ma ora la situazione è così critica da attirare quotidianamente l’attenzione non soltanto del mondo agricolo e imprenditoriale ma anche del mondo parlamentare e politico. Tutti riuniti a chiedere soluzioni alla crescente crisi del comparto olivicolo italiano. Un settore con problemi strutturali e contingenti. Tra i primi l’eccessiva frammentazione aziendale che impedisce strategie e politiche più idonee a competere sul fronte internazionale oltre che un più semplice accesso al credito e agli strumenti comunitari. Sulla contingenza invece pesa come un macigno il batterio xylella che in Puglia ha provocato vasti danni a cui si sommano le gelate di febbraio e marzo che hanno coinvolto gran parte dell’Italia. Proprio ieri Elvira Savino, la dinamica deputata pugliese di Forza Italia, ha sollecitato l’immediato intervento del neo ministro Centinaio per salvaguardare gli ulivi, molti dei quali davvero antichi, e il prezioso olio della sua terra.

La produzione olivicola pugliese, fortino italiano per l’olio Made in Italy, si è ridotta del 50-60% con perdite stimate dalla Coldiretti regionale per 1,8 miliardi di euro nelle tre province di Bari, Barletta-Andria-Trani, Foggia e di 1,5 miliardi di euro nel Salento per colpa della xylella. Ma la situazione non muta nelle altre regioni in cui in queste settimane la fioritura risulta compromessa e il Consorzio nazionale degli olivicoltori stima consistenti perdite di produzione per la campagna 2018/2019 in Liguria, Toscana, Umbria, Abruzzo, Lazio e Campania.

Se cala la produzione nazionale dell’olio extra vergine di oliva crescono sia le importazioni dall’estero con pregiudizio delle quote di mercato dei nostri player sia i fenomeni di sofisticazioni e contraffazioni con conseguenze sulla salute dei consumatori. Per fortuna la risposta del neo ministro Gian Marco Centinaio non si è fatta attendere ed ha immediatamente respinto, ad esempio, l’ipotesi di rinnovo che pure circolava in sede Ue dell’importazione di olio dalla Tunisia a dazio zero. Una misura presa nel passato anche per ragioni di sostegno politico all’economia del paese nord-africano ma che ora con il nostro comparto in piena crisi non possiamo più permetterci.

Certo errori sono stati fatti da tutti gli attori, anche dagli agricoltori e dalle loro associazioni di rappresentanza che si sono subito opposti a misure radicali che avrebbero limitato i danni nel Salento, ma ora a rischio è il lavoro, il fatturato, il patrimonio arboreo, la salute degli italiani e la sopravvivenza di un comparto prestigioso per il Made in Italy. Contrastare le speculazioni sui prezzi dell’olio d’oliva italiano e stabilizzare i prezzi è la priorità richiesta anche da Dino Scanavino, presidente Cia, che torna a parlare sempre più della necessaria aggregazione di imprese e dell’indifferibilità di fare rete. Un seme che potrà germogliare solo per istinto di sopravvivenza.