Oggi tutto si misura sulla capacità di produrre ricchezza e valore aggiunto e spesso si dimentica che il nostro patrimonio culturale è uno dei principali asset del paese con enormi potenzialità inespresse. I nostri teatri lirici, ad esempio, sono invidiati in tutto il mondo e, tra i produttori di cultura, oggi sono in prima linea per capacità di rinnovamento e riposizionamento dell’offerta. Spesso i sovrintendenti sono manager vocati più alla gestione aziendale che alle scelte artistiche, con profili di aziendalisti più che di cultori dell’arte. D’altra parte il crollo dei finanziamenti pubblici, tra cui il Fus, induce a ricercare equilibri economico-finanziari sempre più simili a quelli delle imprese di libero mercato. D’altronde i teatri lirici sono fornitori di offerte culturali alla stregua di altri enti e istituzioni che presidiano i territori e dunque competono nel mercato del consumi culturali. In questi ultimi anni stanno riposizionando la propria offerta con calendari di stagione e regie contemporanee capaci di riscrivere linguaggi e narrazioni e aggregare pubblico diverso e più giovane.

Prendiamo ad esempio il Teatro dell’Opera di Roma che su questo fronte è piuttosto attivo. Non siamo a Milano dove le imprese private investono e rendono felice Alexander Pereira, ma a Roma dove sono poche le aziende che sostengono i programmi di Carlo Fuortes. Con un bilancio annuale di 57 milioni di euro il Teatro dell’Opera di Roma ha un debito consolidato di 50 milioni di cui 25 nei confronti dello Stato, 12 con il fisco e 13 con i fornitori. Dilazionando in due, tre decenni il debito consolidato con lo Stato e il fisco, il rimanente deve essere saldato in tempi ragionevoli per non strozzare i fornitori. Oggi sul fronte delle entrate quasi il 70% è garantito dai finanziamenti pubblici e il 30% dai biglietti d’ingresso e dalla sponsorizzazione dei privati. Pian piano, riducendosi i fondi pubblici, la quota privata sarà inevitabilmente destinata a crescere e a rovesciare il rapporto. Ci vorranno ancora numerosi anni per riassestare finanziariamente i nostri teatri lirici e l’offerta culturale dovrà proseguire a riallinearsi ai tempi per garantire una fruizione più quotidiana e meno aulica dei siti teatrali ma la strada è tracciata e finalmente diffusa.