D’Alema baluardo di una Sinistra con contenuti di altri tempi. Davvero interessante l’intervista di oggi a Massimo D’Alema sul quotidiano Repubblica. Una densa intervista di Stefano Cappellini in cui il politico di razza affronta i temi della Sinistra e del governo del paese. Paradossalmente l’ex leader attribuisce al Pd di Zingaretti l’incapacità di parlare agli operai come se la classe operaia conservasse l’asse centrale di un partito di Sinistra. D’Alema non si accorge che già durante la sua gestione la società si era trasformata e gli operai, numericamente in decrescita, fanno parte della classe lavoratrice, privi ormai di individualità e specificità ottocentesche. E’ superata la visione gramsciana della società e del ruolo degli intellettuali nel guidare il loro processo di emancipazione. Appiattito ai diktat comunisti l’ex premier propone addirittura comizi obbligatori dei candidati della Sinistra davanti alle fabbriche. Non si accorge delle mutate condizioni di lavoro degli operai che spesso sovrintendono processi informatizzati da cabine di regie e intervengono sugli impianti solo in caso di necessità. E non interiorizza la precarizzazione lavorativa ed esistenziale di quella che una volta era la classe media e che richiede sempre più nuova rappresentanza politica.

D’Alema prosegue poi nelle sue proposte di una tassazione patrimoniale per combattere la diseguaglianza economica, una tassazione europea per colpire le grandi multinazionali e una Carbon Tax. Provvedimenti, gli ultimi due non errati, ma che nella genesi dalemiana nascono da una visione anticapitalista e da una considerazione punitiva dei mercati e della libera concorrenza.

Lucida anche se scontata la sua critica all’attuale governo gialloverde in cui ravvede “rozzezza”, “dequalificazione” e “avventurismo sui conti pubblici” unita a preoccupazione per l’indicazione italiana del futuro commissario europeo visto che, per sua esperienza diretta, l’europarlamento non è facilmente controllabile. Tanto più che i risultati del 26 maggio isolano politicamente il Belpaese.

Un politico di razza, con idee robuste anche se datate, che da una parte, con la sua carismatica personalità, frena l’innovazione della Sinistra italiana ma d’altra parte insegna a tanti giovani politici la necessità di dotarsi di una solida cultura politica, quella che una volta partiva dalle scuole di formazione dei partiti e attraversava le strade del paese, i luoghi del sapere e del lavoro. D’Alema, a conclusione della citata intervista, propone meno tweet, meno post digitali e più libri, frequentazioni di convegni e scambio di idee con le persone.