Napoli, 19 maggio 2008 – Nell’era della multimedialità la Storia viene insegnata con i fotogrammi. Stavolta, per la fortunata serie televisiva di Gianni Minoli “La Storia siamo noi”, Carlo Durante e Aldo Zappalà hanno realizzato il documentario “La trattativa – Il sequestro Cirillo”. Presentato oggi in anteprima nazionale alla Scuola di Giornalismo dell’Università Suor Orsola Benincasa, a Napoli, il video già promette il rifiorire di antiche polemiche. Il 24 aprile del 1981 a Torre del Greco le Brigate Rosse, dopo aver ammazzato l’autista e un agente di scorta, sequestrarono Ciro Cirillo, assessore all’urbanistica della regione Campania e uomo politico molto influente della Democrazia cristiana all’interno della quale era un fedelissimo di Antonio Gava. Cirillo gestiva la ricostruzione post terremoto in Campania. Fiumi di soldi e di interessi diffusi. In Italia il terrorismo delle Brigate Rosse infuriava. Nelle “prigioni del popolo” di Roma si trovava Roberto Peci, il fratello del primo pentito della storia del terrorismo, a Napoli il potente Cirillo, a Milano un dirigente industriale. A marzo venne scoperta la lista degli affiliati alla P2, la loggia massonica guidata da Licio Gelli. Ma non era solo la matrice nazionale a impensierire gli italiani. Il Papa, l’amato Giovanni Paolo II, venne ferito per mano di un turco e subito apparve chiaro che il bandolo della matassa fosse molto ampio. All’interno di questo quadro il caso Cirillo ha ancora oggi una sua peculiarità. Per taluni, come l’allora battagliero deputato del partito radicale Mimmo Pinto, la trattativa con la Nuova camorra organizzata di Raffale Cutolo ha determinato la vittoria di una cordata camorristica che ancora impera nelle piazze partenopee e in regione. Carlo Alemi, all’epoca giudice istruttore del relativo processo ed oggi presidente del Tribunale di Napoli, è ancora convinto che pezzi deviati dei servizi segreti dello Stato e parti della Democrazia cristiana abbiano trattato con Cutolo, che aveva il controllo delle carceri italiane per salvare la vita a Cirillo. La ricostruzione video di Durante e Zappalà mostra come effettivamente fu pagato un riscatto di 1450 milioni di lire in parte proveniente da amici dell’assessore sequestrato. Per il giudice Alemi furono richiesti soldi ai costruttori napoletani in cambio dell’assegnazione dei futuri lavori della ricostruzione post terremoto. Alla fine del processo giudiziario però non fu accertato nessun reato coerente con questa ricostruzione che rimane perciò solo una ipotesi di lavoro. Certo che se così fu allora per Cirillo il rapporto con Antonio Gava fu esiziale per riscattarlo da Giovanni Senzani e dal suo gruppo ma anche drammatico quando gli impose di dimettersi dalle cariche politiche perchè le voci sulla trattativa con i brigatisti stava facendo saltare a Roma il governo nazionale. Anche per Aldo Moro la DC all’inizio avviò trattative, “poi però – afferma Ciro Cirillo – ci fu qualcuno che si oppose” e la vicenda finì tristemente. Oggi, invece, Cirillo può raccontare la sua storia ai giovani. Un dato è certo: all’indomani del rilascio di Cirillo il boss Raffale Cutolo entrò in regime d’isolamento, come da tempo richiedeva l’allora presidente della Repubblica, Sandro Pertini. Regime che conserva tutt’oggi mentre dei due collaboratori del boss che, secondo taluni, mediarono con i capi delle BR detenuti, uno fu ucciso con la dinamite e l’altro scomparve nel nulla. Il ministro degli interni dell’epoca, Virginio Rognoni, dichiarò alla Camera che “nessun pezzo dello Stato si era prodigato per la trattativa di Cirillo”. Eppure l’allora direttore del carcere di Ascoli Piceno nelle fasi processuali dichiarò che uomini del Sismi entravano e uscivano per parlare con Cutolo, talora accompagnati anche dal segretario particolare di Ciro Cirillo. In ogni caso con il pagamento del riscatto le Br si finanziarono ulteriori azioni. Solo la parvenza dello Stato si salvò. Magra consolazione, soprattutto se parliamo di una vicenda accaduta 27 anni fa. Il video di Durante e Zappalà è equilibrato nella ricostruzione della vicenda giustificato anche dalle sentenze processuali di primo grado e d’appello. Il merito del documentario è quello di memorizzare le diverse opinioni intervistando gli attori di quegli anni e lasciandole a disposizione di chi abbia voglia e tempo di approfondirle.