Lo stato di salute di una economia è ravvisabile anche dalle vacanze praticate dai suoi cittadini.  L’Istat ha conteggiato ben 4,7 milioni di poveri in Italia mentre l’ultima indagine Swg per conto della Confesercenti indica in 6 milioni gli italiani che non vanno in vacanza per carenza di soldi. Si dirà che è una forma di ristrettezza economica diversa, che gli indicatori utilizzati sono ben diversi, ma di fatto chi lavora e non può permettersi di pianificare una vacanza mostra preoccupanti segnali di impoverimento che si traducono in modelli di consumo che coinvolgono l’intero sistema economico, dall’industria al mondo della distribuzione. Si lavora per vivere e non si vive per lavorare, e nei sei milioni di italiani che rimarranno a casa una buona fetta di sicuro è rappresentata da lavoratori il cui reddito è così modesto da impedire di viaggiare, rilassarsi e recuperare energie per i prossimi mesi. Intrecciando questo dato con la ricerca Ipsos che stima nel 61% gli italiani – il 9% in più rispetto l’anno scorso – che sceglieranno per le proprie vacanze il Belpaese o al massimo l’Europa per contenere le spese allora il quadro è ben chiaro. Rafforzato dalla durata delle ferie che passa da 15 a 12 giorni e dalla spesa media che per il 60% dei vacanzieri italiani non supera i mille euro a persona, tutto incluso. Segnali evidenti di una vasta sofferenza economica diretta conseguenza dei limitati stipendi in uso nel nostro paese che induce una fetta di viaggiatori, desiderosi di partire anche senza reale disponibilità economica, a rivolgersi al mondo del credito al consumo per un prestito che, nella maggior parte dei casi rimane nei 5000 euro. Le stime del pil nazionale crescono, Padoan, il ministro dell’Economia, rilancia il mantra di Caparezza “siamo fuori dal tunnel” ma di fatto il nostro tallone d’Achille è sempre l’eccessiva pressione fiscale che riversata sul costo del lavoro ha il merito tutto italiano di depauperare sia le imprese che i lavoratori.

pubblicato sul quotidiano online “Affari Italiani”