La Fondazione Vincenzo Agnesi di Roma realizzerà a Pontedassio, in provincia di Imperia, il “Museo nazionale delle Paste alimentari” con poco meno di 500mila euro di fondi elargiti dal ministero della Cultura. Questa la notizia secca di questi giorni che sta destando perplessità campanilistiche in diverse parti d’Italia.

A Gragnano la Città Metropolitana di Napoli ha elargito 2,5 milioni di fondi pubblici per il “Museo della Pasta di Gragnano” a cui si aggiungono circa 300mila di fondi privati provenienti da tre importanti pastifici del territorio, Garofalo, Di Martino e Liguori. Al museo ligure promosso da una Fondazione che risale ad una delle storiche famiglie di pastai italiani si aggiunge il nuovo museo campano che si caratterizza per una vocazione territoriale e comunitaria diffusa. Poi c’è, ovviamente, il Museo della Pasta che rientra nel circuito degli otto Musei del cibo della provincia di Parma. E si potrebbe andare tranquillamente avanti con i tanti musei aziendali nati dalle volontà dei pastai italiani di custodire la memoria della propria tradizione e competenza.

Ma si potrebbe fare un ulteriore passo in avanti se ci fosse una visione d’insieme che consideri il comparto della pasta come un unico esteso distretto italiano da valorizzare. Di fronte alla crescita del ruolo e delle conseguenti quote di mercato di altri Stati, come la Turchia, che stanno facendo un lavoro sistemico nella produzione della pasta secca, nel Belpaese potremmo fare rete e delineare una grande progettualità museale.

Serve un’ampia riflessione nazionale sulla localizzazione di un unico innovativo “Museo della Pasta italiana” e sulla sua caratterizzazione come centro culturale, educativo, formativo e di intrattenimento. Un luogo poliedrico promotore di significativi eventi, in Italia e all’estero, da utilizzare come ulteriore leva promozionale per spingere i nostri prodotti sempre più minacciati dalla concorrenza internazionale.

Per assicurare efficacia ed efficienza alla spesa pubblica e progettualità idonea a contesti economici fortemente globalizzati serve un moderno “Museo della Pasta italiana” che riunisca storia, tecnica e comunicazione.