Roma,  13 gennaio 2009  – Da decenni si discute in Italia sulla debolezza strutturale della politica della Difesa che non sembra essere in linea con le esigenze di una moderna e sicura democrazia. Il campo politico è diviso in due parti. In una ci sono coloro che attribuiscono solo colpe al sistema della Difesa nazionale, dall’altra gli operatori del settore e alcune singole individualità. Nel mezzo la maggior parte dei cittadini che omette di affrontare l’argomento per carenza di informazione oggettiva e non ideologica da parte dei media. Ormai anche la politica della Difesa ha nei confini europei il suo mercato domestico, che si intreccia con quello storico della Nato a cui l’Italia appartiene da sempre. All’interno di questo contesto ambientale si svolge la quotidiana azione delle industrie nazionali attive nel settore, molte delle quali negli ultimi decenni sono state oggetto di acquisizioni, ristrutturazioni e fusioni da parte di rilevanti player internazionali che stanno monopolizzando tutti i comparti. Fra le grandi figura l”italianianissima Finmeccanica guidata dell’agguerrito Pier Francesco Guarguaglini. Gli elevati costi della produzione legati alla necessaria ricerca e le specificità di un mercato fatto di ferree legislazioni interne ed internazionali soprattutto all’esportazione inducono a rendere unico il sistema concorrenziale europeo e della Nato. Pochi centri di ricerca superspecializzati e pochi impianti manifatturieri dove ci si limita all’assemblaggio delle parti realizzate in singoli opifici dedicati. Eppure il knowhow di un Paese si misura anche sulla sua capacità di elaborare, di realizzare e di monitorare sistemi innovativi di Difesa. Nell’interesse nazionale e nella conservazione di una competitività di sistema nazionale sarebbe utile che l’Italia non abbandonasse il campo. Nell’ambito degli elicotteri e delle navi il Belpaese partecipa tradizionalmente a numerose piattaforme conservando un vantaggio competitivo internazionale significativo. Sugli aerei, viceversa, le piattaforme in cui le poche industrie nazionali sono presenti appaiono residuali. I continui tagli al bilancio della Difesa, la volontà dei politici di non perdere elettorato e di non esporsi a critiche e la trascuratezza del tema fra l’opinione pubblica sono i più rilevanti ostacoli. Nel frattempo perdiamo intelligenze, ricerca, conoscenza e competitività di sistema.