E’ un grande sogno economico e sociale quello che nutre il governo di Astana: entro tre decadi stare tra i primi trenta paesi più sviluppati al mondo.  Come dire, c’è vita oltre il petrolio e il gas naturale. In verità l’estesa repubblica ex sovietica ha tante altre materie prime oltre ai combustibili che le hanno garantito complessivamente flussi cospicui di entrate pubbliche, basta pensare che solo il petrolio garantisce oltre il cinquanta per cento del totale. Dal Carbone all’uranio la terra kazaka non è avara di ricchezze naturali. Con una popolazione di circa 18 milioni di abitanti il paese è dal 10 giugno fino al 10 settembre sotto i riflettori mondiali per ospitare l’edizione 2017 dell’Expo dall’emblematico titolo “Energia futura”. Con i suoi 113 Paesi partecipanti e 22 Organizzazioni internazionali presenti, l’Esposizione kazaka e’ stata bene veicolata durante la meravigliosa edizione milanese del 2015 in cui il padiglione del Kazakhstan stupiva per l’entità degli investimenti messi in campo e per le soluzioni creative presentate ai numerosi visitatori. Era chiaro a tutti che a Milano i kazaki già lavoravano per l’attuale Expo in cui si condensa il futuro del paese e del mondo, la transizione dagli idrocarburi alle rinnovabili. Una scelta quasi obbligata per il Kazakhstan che da oltre tre anni a causa del calo delle quotazioni petrolifere ha significativamente rallentato il suo processo di crescita economica rafforzando la necessità di costruirsi un modello di sviluppo alternativo. Accanto alle energie rinnovabili, soprattutto eolica e solare, il governo del settantaseienne Nursultan Nazarbaev punta all’innovazione tecnologia, alle privatizzazioni, allo sviluppo delle piccole e medie imprese e alle riforme strutturali per accrescere la stabilità macroeconomica. Fisco, agricoltura, mercato del lavoro, pmi, energia e banche sono i primi dossier su cui sta lavorando il governo di Astana scontrandosi non poco con gli interessi consolidati refrattari alle novità.

Una via di riforma economica e sociale non diversa dalla ex madrepatria, la Russia di Putin, entrambi dipendenti oltre misura dagli idrocarburi ma con lo sguardo obbligato al futuro. E le analogie non finiscono qui. Alla stregua di Putin anche per Nazarbaev parte delle opposizioni e parte della stampa sottolineano le difficoltà di una libera dialettica democratica. Certo è che il Kazakhstan è al 35esimo posto tra i Paesi in cui investire mentre la democratica e libera Italia è scivolata al 50esimo posto. E a proposito del Belpaese l’interscambio commerciale, in caduta anch’esso, vede macchinari e prodotti in metallo made in Italy contro combustibile e prodotti minerali kazaki.

La tensione costante verso il futuro che caratterizza i kazaki ha già destinato a settembre l’area dell’attuale Expo 2017 ad un nuovo Centro finanziario internazionale, crocevia tra Est e Ovest, che ospiterà la borsa, il quartier generale delle banche e un tribunale. Forse anche per questo nella classifica annuale “Doing Business” il Kazakhstan cresce di anno in anno mentre l’Italia decresce con continuità.