Nel Belpaese tra il 2011 e il 2015 le copie vendute ogni anno dei quotidiani cartacei sono calate del 36% da 4,8 a 3,1 milioni di unità. Una crisi nelle vendite che proiettata nel tempo si gonfia anziché ridurre per carenza di validi progetti editoriali di rilancio.

Al menzionato dato dell’Agcom occorre associare quello rilasciato da Nielsen che di anno in anno conferma lo scarso appeal degli investimenti pubblicitari per la carta stampata in generale e per i quotidiani in particolare.

Ciò che preoccupa è l’elevata resa delle testate che zavorra i conti economici e mostra evidenti errori nel business model, senza apprezzabili leve per i residui commerciali delle sopravvissute concessionarie pubblicitarie.

I dati Ads e il caso del Sole 24 Ore dimostrano ancora una volta come l’unica colonna utile rimanga quella delle copie cartacee pagate perché solo le principali tre testate mostrano vendite digitali significative, anche se ancora largamente insufficienti a mantenere l’attuale struttura dei costi fissi.

A novembre 2016 i dati Ads mostrano 61mila copie digitali vendute del Sole, 46mila del CorSera e solo 29mila per la Repubblica di Mario Calabresi.

Fino a quando potranno poi resistere gli oltre 88mila abbonamenti pagati ad Avvenire a fronte di una esile vendita nelle edicole di circa 20mila copie? Il quotidiano della Cei dovrebbe anche mettere in cantiere un potente restyling grafico per adeguarsi ai tempi. Ma la redazione avrà il coraggio di affrontare gli abbonati che appaiono piuttosto conservatori? Allo stato le copie digitali sono risibili, poco meno di cinquecento.

Fra i grandi quotidiani regionali regge bene Il Messaggero con le sue 113mila copie tra carta e digitale mentre, per rimanere in casa Caltagirone, le 38mila copie del Mattino di Napoli dimostrano la crisi profonda di un giornale che non ha saputo innovarsi. Male, purtroppo, anche la gloriosa testata Il Tempo che con le sue 15mila copie compete con diffusioni da riviste di quartiere.

La Stampa conserva le sue 153mila copie di cui solo 7mila digitali, mostrando una straordinaria pigrizia nonostante esibisca immagini di newsroom iperconnesse.

Prosegue la contenuta riduzione delle copie vendute del Fatto Quotidiano che nonostante tutto continua a rimanere un caso di successo editoriale anche se le 9mila copie digitali evidenziano delle difficoltà.

In questa desolata ricostruzione della stampa quotidiana italiana c’è modo di aggregare testate, sviluppare piani editoriali e redigere business model che all’online affianchino la carta con mission diverse e target di lettori differenti. Mutano le piattaforme ma il lavoro di contenuto segue le medesime regole giornalistiche. La strategia editoriale sembra tornare, obtorto collo, al centro dei quotidiani per troppi anni sottomessi a logiche politiche che hanno infiacchito anche gli sguardi prospettici più poderosi.

pubblicato sul quotidiano online “Affari Italiani”