In questi giorni gli editori sono molto concentrati ed hanno subito metabolizzato la notizia sulla chiusura del settimanale Panorama Economy e del quotidiano comunista Il Manifesto. La loro attenzione è tutta focalizzata sulle modifiche al sistema degli aiuti pubblici ai giornali. Paolo Peluffo, sottosegretario con delega all’editoria, ha finalmente elaborato  il  nuovo decreto legge sull’editoria valido fino al 2013 e il disegno di legge delega per i contributi erogabili dal 2014. Con l’approvazione dei due provvedimenti da parte del consiglio dei ministri è subito ripartita l’italica macchina  afferra soldi.  Peluffo, giornalista e comunicatore pubblico di rilievo, nel decreto legge ha vincolato i contributi, quantitativamente assottigliati, alla vendita e all’occupazione professionale. La vendita considerata riguarda unicamente  la distribuzione in edicola o in abbonamento a pagamento ma per le testate nazionali è sufficiente che avvenga nella misura minima del 30% della distribuzione totale, mentre per le testate locali la soglia minima è pari al 35% del totale distribuito. L’altro 65-70% delle copie stampate possono pure segretamente marcire nei depositi,  comunque si può accedere ai contributi pubblici. Anche sull’altro parametro, quello inerente l’occupazione professionale, si rileva una simile timidezza in quanto la prevalenza del numero di giornalisti e della forma contrattuale  a tempo indeterminato non appaiono per nulla stringenti. Per fortuna che tra i costi non finanziabili sono stati inseriti anche quelli dei service editoriali incaricati di confezionare singole pagine o parti di esse. Una bella new entry corposa è l’editoria digitale regolata con malcelata superficialità. Da una parte si richiede correttamente una organizzazione del lavoro professionale, con vendita spazi pubblicitari, registrazione della testata, moderazione, commenti degli utenti – l’articolo 3 del decreto legge li definisce ancora genericamente “pubblico” -, ma dall’altra si identifica, al pari dell’editoria cartacea, la misura minima delle uscite digitali, come se da un giorno all’altro si possa fare piazza pulita delle news preesistenti inserendo solo le nuove. L’antitesi dell’informazione dei quotidiani online in cui le news possono durare due minuti o anche proseguire, finché c’è notiziabilità, per tre giorni di fila con semplici aggiornamenti  testuali o d’immagini. Il sottosegretario Peluffo per filtrare i soggetti finanziabili dell’editoria digitale avrebbe dovuto sostituire il parametro delle uscite digitali, che nell’online professionale non ha pregnanza ,  con la prevalente occupazione di giornalisti e tecnici. Il discrimine tra una seria testata online e una apparente è propria la stabile presenza di redattori e tecnici, quest’ultimi sostituiscono i poligrafici, che coprono le news seguendo i consueti turni contrattualmente regolati. Ancora una volta il governo dei tecnici si mostra timido nel toccare gli interessi partitocratici – la maggior parte dei giornali finanziati appartengono a singoli parlamentari e a gruppi politici – e rapace  nei confronti degli inermi cittadini.

pubblicato sul quotidiano online ”Affari Italiani”