Gli italiani amano la dieta mediterranea, almeno questo è quello che ritenevamo fino a poco tempo fa. Ma ora qualcosa sta cambiando almeno secondo l’ultima ricerca Nielsen sul trend del largo consumo diffusa ieri nell’annuale appuntamento che riunisce in terra sarda, a Santa Margherita di Pula, i vertici del mondo della distribuzione e quelli dell’industria di marca.  Si riduce il consumo dei primi piatti, della pasta, del riso, dei legumi e dei relativi condimenti. Il calo è dell’1,1% ma tanto basta a Nielsen per decretare la nuova tendenza. Certamente più solide appaiono le ragioni del mutamento relativamente ai cibi salutistici, in crescita del 14,9%, e biologici e vegetariani, in crescita del 9,8%. Per coloro che possono permetterselo è sempre più ricorrente l’acquisto di cibo gourmet che, nelle scelte degli italiani, sale del 7%. L’onda migratoria travolge anche il carrello della spesa, con maggiori consumi di prodotti e condimenti etnici, dal riso basmati alle varie spezie, quasi raddoppiato il valore dello zenzero e il consumo dei semi di lino cresce del 51,5%.

E’ frutto forse della maggiore comodità la crescita del 3,8% dei piatti pronti e dei prodotti di tendenza per l’aperitivo in casa perchè i dati Nielsen rilevano una ripresa nei consumi fuoricasa. Sei italiani su dieci nell’ultimo trimestre hanno mangiato nei ristoranti e ben il 42% ha scelto locali etnici, con un italiano su due che dichiara addirittura di fare costante consumo di cibi etnici. La cucina cinese viene scelta dal 23% degli italiani, la giapponese dal 22%, la messicana dal 9%, la turca dall’8% e l’indiana dal 5%. Dati contrastanti emergono sulle motivazioni di chi si dirige verso i ristoranti etnici, dalle novità delle pietanze ai piatti esotici, dal risparmio economico alla rapidità del consumo. Ma un dato da non trascurare appare quello rappresentato dallo scarno 4% che dichiara di scegliere i cibi esotici per motivi salutistici delineando i contorni di un quadro non proprio idilliaco.

A preferire la classica cucina italiana rimane, secondo Nielsen, appena il 50% degli italiani con buona pace del mondo della distribuzione, grande e piccola, che deve approntare nuove politiche di approvvigionamento per assecondare queste nuove tendenze dei consumatori verso esperienze multietniche ed emozionali.

Anche l’industria alimentare italiana deve cogliere questi segnali che provengono da una società più aperta e più evoluta che apprezza i valori di qualità e di sicurezza del nostro sistema industriale ma che guarda con maggiore attenzione anche a prodotti ed alimenti di altre culture. Nessun attacco all’agroalimentare Made in Italy, stia tranquilla la Coldiretti, ma solo una naturale evoluzione di una nazione sempre più interconnessa con il resto del mondo.